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IL TRONO DI PELLICOLE: IT: WELCOME TO DERRY COMMUOVE SCONFIGGENDO L'ORRORE CON L'AMORE

It: Welcome to Derry è una serie ideata da Jason Fuchs e Brad Caleb Kane, prequel dei film It (2017) e It - Capitolo due (2019), tratta dal romanzo It del 1986 di Stephen King. La serie è diretta da Andy Muschietti, regista anche delle due versioni cinematografiche, e vede protagonisti Taylour Paige, Jovan Adepo, James Remar, Stephen Rider, Clara Stack, Chris Chalk e Bill Skarsgård.
Dal 26 ottobre 2025 su HBO e dal 27 ottobre su Sky.


 IT: WELCOME TO DERRY COMMUOVE SCONFIGGENDO L'ORRORE CON L'AMORE

Si è conclusa ieri la serie tv trasmessa in Italia da Sky It: Welcome to Derry, con un ottavo episodio che chiude la storia ambientata nel 1962 e apre nuove possibilità a dei sequel già annunciati ma non al momento confermati da HBO.

Se non avete visto tutti gli episodi non proseguite con la lettura: SPOILER!!!!


Dopo i primi minuti di "The pilot", il primo episodio della stagione, devo ammettere che ho cominciato a storcere il naso. Scene truculente in macchina ad apertura, strage di bambini al cinema in chiusura, in mezzo personaggi quali i militari e gli indiani. Non mi orientavo, non riuscivo a vedere "It" in ciò che stava proponendo questa serie. E quella sensazione di distanza totale da ciò che conosciamo è durata per parecchi episodi. La premessa che It: Welcome to Derry fosse tratta dal capolavoro di Stephen King - il maestro è anche consulente attivo dell'intera serie - e collegata con i film di Muschietti era chiara, ma non abbastanza da ricordarmi durante la visione dei primi episodi che stavamo parlando di Pennywise. Finché non ci ha pensato proprio Bill Skarsgård a farci "tornare a casa". 

Col passare degli episodi ho iniziato a mettere le cose al proprio posto, ritrovando l'essenza del romanzo e le sue tematiche principali: la forza dell'amore che si contrappone all'oscurità del male. L'indifferenza, l'odio verso gli altri e in particolare per il "diverso", la crudeltà degli esseri umani che supera quella del male stesso; e come un'antagonista luminosa - perché qui il protagonista è il male, non il bene - l'amicizia di quei bambini che va oltre le generazioni e oltre il tempo, quella pura creatura derivante dall'amore che non si limita a un quartiere, a una data, a un gruppo di persone, ma che trascende ogni cosa. Che sia il 1962 o il 1989 (per le trasposizioni, nel romanzo le date cambiano) i protagonisti sono accumunati dal forte legame che li tiene uniti e che non conosce discriminazione. Nel caso di Lilly, Ronnie, Will, Marge e Rich la sfumatura di paura, componente molto importante nell'universo di It, si accosta all'ingenuità del combattere qualcosa di eccessivamente grande rispetto a un gruppetto di bambini. Un esempio è dato dalla scena dell'assunzione di ansiolitici per placare la paura e affrontare il pagliaccio, credendo che quella cura da adulti (le pillole venivano assunte dalla madre di Lilly) funzionasse come un interruttore su un'emozione che è innata negli esseri viventi. La paura di cui si nutre It è ciò che porta all'odio, ed esso porta alla violenza. Questa catena è da sempre presente nel romanzo di King ed è la struttura che ha sempre fatto evolvere l'intera storia. Questa volta, però, Muschietti e gli autori avvertono lo spettatore fin dalle prime immagini che non ci saranno buonismi, che verrà mostrato ciò che effettivamente il romanzo di "It" è: la storia di un essere mostruoso che smembra e mangia i bambini. Per questo fa orrore, perché i più piccoli che di solito vengono risparmiati sono invece le vittime senza favoritismi, sono coloro che avvertono tutta la paura di un incubo che fuoriesce dal mondo dei sogni e che è proprio davanti ai loro occhi. Sono i bambini che vengono spaventati e psicologicamente torturati con i giochetti di Pennywise finché non decide di mangiarli, rendendo il tutto un'escalation di orrore che non vede una fine se non nella morte. Proprio questa scelta mi ha ricordato immediatamente la frase di King in un intervista per Vulture: "Vorrei solo aggiungere che trovo affascinante il fatto che si sia commentato così tanto quella singola scena di sesso e così poco i numerosi omicidi di bambini. Penso debba dire qualcosa ma non sono certo di sapere cosa".



It: Welcome to Derry vuole restituire la premessa nata nel romanzo di Stephen King, cioè che il vero male deriva dall'essere umano e che si può e si deve combattere con quel tipo di amore puro che provano i bambini. Curioso come il simbolo dell'oscurità incarnato da Pennywise, al quale è stato dato un nome che è un pronome per indicare una cosa (It = esso, essa), usi una luce abbagliante e bellissima che proviene dal suo stesso interno per incantare le sue vittime. Questa luce che nel romanzo viene chiamata "Deadlights" è la vera essenza di It, capace di incantare e far impazzire chiunque la guardi poiché la mente umana non è capace di comprendere questo macrouniverso. Il che può voler dire tante cose, ma credo che più di tutte stia a indicare che, alla fine, tutti noi siamo alla ricerca del bene, della pace, della serenità, e una volta trovata quella luce non possiamo fare a meno che abbandonarci ad essa. Forse è incomprensibile, forse non possiamo raggiungerla per via delle nostre paure che ci bloccano, ma esiste e It la usa a suo vantaggio. 
Il tema del macrouniverso ben si sposa con una novità introdotta nel finale della serie: It si muove nello spazio-tempo senza distinzione tra passato, presente e futuro, tanto che con una minaccia-spoiler di Pennywise, scopriamo che Marge - prevedibilmente, perché il suo amore e la sua gratitudine per Rich non poteva che far nascere il lei la voglia di dare lo stesso nome al suo futuro bambino - è la madre del Richie protagonista del romanzo originale e del film del 2017. Quel Richie che con gli altri Perdenti sconfiggerà (o no?) It. Nella scena post-credit, inoltre, vediamo il giorno in cui Beverly perde sua madre e incontra una Ingrid ormai vecchia e rinchiusa in manicomio, collegando definitivamente gli eventi appena visti a quelli conosciuti dai fan del romanzo. 


La storia che collega il male primordiale di It con i il governo americano e con i nativi americani si spiega da sola nella scelta di questi due schieramenti che sono agli antipodi sia per obiettivi che per cultura. I militari rappresentano l'epoca moderna, quella della sottomissione, della repressione, dell'odio, del potere che porta al controllo e all'ordine attraverso la paura; i nativi sono collegati con la terra, comprendono la vera essenza di It e ne temono il potere. Non sono così superbi da pensare che quella cosa possa essere controllata o usata per i propri scopi - malvagi, ovviamente, che solo chi vuole elevarsi sopra gli altri può perseguire -, ma ricchi di saggezza naturale sanno come essere alla pari con quel mostro e come contenerlo. Siamo in un campo di battaglia tra cose esistenti in natura, per questo "naturali". Il bene e il male, la profondità delle radici di un albero che può arrivare in ogni angolo del pianeta, il collegamento tra ogni componente dell'universo. Tutto questo viene usato dai nativi e tramandato adesso al gruppetto di amici e a chi, nonostante adulto, sa comprendere, come Hanlon e sua moglie Charlotte. Sono loro, infatti, sul finale della serie a scegliere la strada opposta all'indifferenza, ad unirsi alla battaglia dell'indiana Rose, di Tanel e del loro gruppo, restando a Derry per prepararsi al risveglio del mostro che riemergerà tra 27 anni.


In connessione con altre parti dell'universo di King abbiamo un altro personaggio fondamentale, l'Hallorann di Shining. Se i nativi rappresentano il legame con l'antichità, con la terra e con la tradizione, Hallorann è la connessione tra due mondi, quello del conscio e del subconscio. La razionalità che è confinata al reale si scontra con l'irrazionalità del sogno, quella caverna oscura da cui fuoriescono i mostri che non possiamo spiegarci, che portano con loro le nostre paure, i rimpianti, i segreti. Le verità seppellite nella scatola da Hallorann sono risvegliate da It, fondendo in un unico gesto ciò che un mostro è capace di fare con ciò che è la nostra più grande debolezza: scoperchiare il subconscio. Hallorann vive a cavallo tra il mondo reale e il mondo ultraterreno, in contatto con i morti e capace di penetrare la psiche umana per arrivare a quella scatola buia che si ha paura ad aprire. Per questo, anche lui, è allo stesso livello di It, è capace di usare la stessa abilità, ma non per questo è esente dalla paura e dall'essere dunque una vittima di essa. It viene così colpito su due diversi fronti, quello terreno dai nativi d'America e quello ultraterreno da Hallorann. Non viene scalfito, invece, dai militari, da quel potere attualissimo e inutilissimo che nulla può contro l'enormità di un cosmo pieno di segreti che guarda all'uomo come una minuscola formica. 



Oltre alle tematiche sopracitate e ai livelli di lettura più profondi della serie tv e di It stesso, abbiamo una notevole bravura da parte del cast tecnico e artistico. In primis, come non lodare la performance di Bill Skarsgård, che ci capovolge completamente tutto ciò che stava succedendo nei primi episodi e ci riporta dentro l'incubi di It semplicemente con la sua figura. Quel clown immobile su uno sfondo nero da cui emerge un palloncino rosso sangue, gli occhi luccicanti che ti fissano; ma anche il controllo della voce che riesce a passare da profonda a isterica e acutissima in una sola sequenza. E poi, nel miglior episodio della serie (episodio 7, "The Black Spot"), Skarsgård racconta uno squarcio della vita di Bob, l'originale Pennywise, quell'uomo che piace ai bambini e che, ahimé, verrà scelto proprio per questo dall'entità malvagia. Con la sua interpretazione riesce in poche espressioni a presentarci un uomo distrutto dalla morte della moglie, con addosso ancora il trucco sbiadito del clown reduce di un'esibizione appena terminata, e con un grande amore per la figlia Ingrid che però non può colmare il vuoto lasciato dal suo vero amore. Vedere Pennywise è vedere It umano, cosa che non avrei mai immaginato di vedere. Anche nell'episodio finale ci viene regalato per un momento un It debole, confuso, inerme, quando si trova catapultato a causa di Hallorann nel tendone del circo e viene preso a pugni in faccia. Skarsgård è un attore prezioso, una maschera capace di terrorizzare e commuovere, di appiccicare addosso alle espressioni terrificanti di It il personaggio di Bob, e poi di sconvolgerlo di nuovo tornando a essere il Pennywise non più Bob-Pennywise che piace ai bambini e che tra occhi luccicanti, bava e una carrellata di denti infinita riesce a inghiottirti e intrappolarti nel suo mondo sospeso.
In questo episodio si compie un passo in più verso quella che è da sempre senza ombra di dubbio il cuore del romanzo: diciamo addio a Richie, che in un atto d'amore si sacrifica per salvare la sua Marge dalle fiamme e da una morte certa, recitando un monologo di poche battute ma più che efficace, probabilmente indimenticabile.
Il suo sacrificio viene capito e spiegato da Marge nel discorso di addio al funerale di Rich: non c'è ragione più grande che vivere e morire per le persone che ami.


E sempre nell'episodio 7 abbiamo un virtuosismo di Muschietti che va assolutamente citato: un piano sequenza incredibile che - con o senza qualche punto di stacco - ci regala una panoramica sulla confusione terrorizzante nel momento dell'incendio, in cui il locale viene avvolto dalle fiamme e tutti i presenti cercano di mettersi in salvo, consapevoli di non avere una vera e propria via d'uscita dopo che Bowers (sì, il nonno del Bowers teppista del romanzo) ha sbarrato la porta e ha appiccato fuoco alla struttura in legno. Si salvano in pochi grazie a una via d'uscita segreta, ma Rich purtroppo ci lascia non per It, ma per la malvagità e l'odio degli esseri umani. 
Anche It è presente, richiamato dall'odore del sangue e della paura ma, dopo un incontro con Ingrid, torna a dormire per altri 27 anni. O anche no, visto che i militari riescono nel loro intento di dissotterrare un frammento e risvegliare la creatura che adesso può prendere tutta Derry. 



E così nel finale di stagione, "Winter Fire", veniamo avvolti anche  noi spettatori da una nebbia fitta che avvolge tutta la città e che ricorda un altro capolavoro di King, "The Mist". In una purtroppo breve scena che aveva tanto potenziale, It riunisce gli studenti della scuola di Derry nella sala grande e li incanta con la luce abbagliante proveniente dalla sua bocca super dentata, rendendoli catatonici e fluttuanti - perché qui tutti galleggiano, cit. -, pronti per essere mangiati. Lilly, Marge e Ronnie vogliono salvare i loro compagni di scuola, ma soprattutto Will. Tra una soddisfazione e un piantino - come la mangiatina di Shaw da parte di It e la morte di Taniel da parte dei militari - veniamo catapultati improvvisamente e inaspettatamente nel cuore, citato all'inizio dell'articolo, di It: Rich corre verso i suoi amici, solo Hallorann può vederlo. Si ferma appena dietro di loro e posa le sue mani su quelle dei suoi amici, spingendo la Daga e aiutandoli a conficcarla nel terreno, riuscendo a sconfiggere It un attimo prima che sia troppo tardi. Mettendo insieme tutto ciò che rappresenta il racconto di King, It: Welcome to Derry sconfigge il male grazie al potere dell'amore e dell'unione, penetrando con una parte proveniente da It stesso l'origine del male in un terreno che collega tutto e tutti.
L'amicizia è sempre stata la tematica numero uno del capolavoro di King, in contrapposizione con il tema antagonista, quello della cattiveria, dell'indifferenza, della malvagità banale. E chiudere la serie in questo modo è ciò che la rende meritevole di essere accostata al titolo di It. Perché se tutti quei dubbi iniziali sono motivati da quanto detto, gli ultimi due episodi in particolare cancellano le pecche e rendono perfetto un finale che fa commuovere e lascia spazio ai sentimenti e non all'horror.
Un lieto fine nella nuova vita di Hallorann, che libero dalle voci nella sua testa può ricominciare, trasferirsi in Inghilterra e lavorare per un hotel che non gli darà di certo problemi (ahi...). Ma prima di farlo, ci fa piangere ancora un po' avvicinandosi ai genitori di Rich e dicendo: "la mano che sentite sulla vostra spalla è del vostro ragazzo, lui ci sarà sempre"; nel discorso di Marge, che omaggia apertamente il coraggio, l'amicizia, l'amore; nella scelta coraggiosa di Hank e Charlotte di rimanere a Derry per prepararsi a una nuova battaglia con appuntamento nel 1988, scelta che da un bello schiaffo all'indifferenza.





                                            


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