Buongiorno Gattolettori,
con La Casa degli Automi, Michele Buonanno (conosciuto già
su questo blog per “49 chiavi”) firma un’opera che si colloca nel panorama
contemporaneo dei librigame investigativi, segnando anche il primo volume della
promettente collana “Chi è stato?” edita da Aristea. Un debutto che non si
limita a rispettare le aspettative del genere, ma che punta l’asticella molto
in alto, sia sul piano narrativo che su quello della progettazione editoriale.
“Ero sicuro di non essere colpevole. Non avrei mai avuto motivo per commettere quell’atto e mi consideravo una persona del tutto inoffensiva, totalmente incapace di far del male a qualcuno”
La prima impressione è decisamente bella: il cofanetto
rigido, in vivaci tonalità giallo e rosso, richiama immediatamente l’estetica
del giallo classico.
Il cuore del cofanetto è naturalmente il libro game da 160 pagine (225
paragrafi), accanto al libro, troviamo anche una ricca dotazione di materiali
di supporto che amplificano l’esperienza: il Quaderno di Stephan, il foglio
degli indizi, una dettagliata mappa della villa, un foglio per gli appunti, uno
per i salvataggi, uno spazio dedicato alle deduzioni e, infine, un enigma
speciale: L’Ombra, un piccolo foglio sigillato da aprire solo su indicazione
del libro. Quella dell’Ombra, si tratta di una trovata semplice ma estremamente
efficace, che innalza ulteriormente la tensione narrativa.
Come al solito non vi dirò niente riguardo la trama, se non
quello che potrete venire a sapere nei primi paragrafi. La narrazione prende
vita in un contesto suggestivo: siamo nella Svizzera degli anni ’50-’60, in una
grande villa, difficile da raggiungere, incastonata tra le montagne. Il nostro
alter ego, Stephan, si risveglia senza alcun ricordo, con le chiavi della stanza
del delitto in tasca.
Poiché Stephan non ricorda nulla, scopriamo ogni dettaglio del mistero insieme
a lui. Questo elimina quella fastidiosa sensazione che spesso affligge i gialli
interattivi, dove il personaggio sembra sapere più del lettore. Qui, invece, la
scoperta è condivisa e immersiva.
La villa ospita un numero ristretto di personaggi, tutti coinvolti e
potenzialmente colpevoli. Ogni relazione è carica di tensione, ogni parola non
detta pesa come una prova. L’indagine si articola su tre livelli: logico,
emotivo e relazionale. Non basta raccogliere indizi: bisogna comprendere le
persone, i loro legami, le fratture e i segreti che la villa nasconde. E
proprio qui, nella complessità delle relazioni, il gioco rivela la sua
profondità.
La Casa degli Automi è uno di quel libro game senza un regolamento iniziale. Non ci sono regole o tabelle da assimilare prima di cominciare: si apre il libro e si inizia a leggere, si inizia anche a giocare.
L’indagine si sviluppa in quattro macro-fasi. La prima è una
fase di introduzione, dove ci verrà data un’introduzione di tutti i personaggi
all’interno della villa e dove faremo le prime scelte.
Nella seconda, siamo liberi di interrogare gli altri personaggi della villa,
scegliendo tra varie opzioni di dialogo. Ogni risposta potrebbe sbloccare nuovi
indizi sul foglio degli indizi, che a loro volta generano ulteriori domande e
scenari. Talvolta gli indizi si riveleranno errati o incompleti, e saranno
sostituiti da nuove informazioni nel prosieguo dell’indagine. In altri casi,
saremo noi a dover cogliere le discrepanze tra le testimonianze, stimolando un
confronto logico che porterà alla verità.
Segue poi la fase esplorativa, che ci permette di muoverci liberamente tra le
stanze della villa, analizzando oggetti, ambienti e dettagli apparentemente
secondari. Qui gli indizi già raccolti divengono strumenti d’indagine, e le
parole chiave assumono valore funzionale: vanno impiegate con precisione,
intuizione e metodo. Per muoverci agilmente e capire bene dove siamo c’è una
comoda mappa con la planimetria della villa.
La fase finale è quella della deduzione, in cui, se avremo agito con
attenzione, potremo ricostruire l’intero delitto, passo dopo passo. È qui che
si compie la magia: il gioco non ci impone la verità, ma ci chiede di
scoprirla. E quando ci riusciremo la soddisfazione sarà alta.
Un ulteriore elemento di profondità è dato dal segnatempo, che limita il numero
di interrogatori e di esplorazioni: ogni decisione pesa, ogni strada preclusa
potrebbe nascondere una rivelazione. Non è possibile “vedere tutto”: bisogna
scegliere.
Un’altra scelta vincente è quella della Sala degli Automi, un vero e proprio
rompicapo, strutturato come una scacchiera, che aggiunge una dimensione
enigmistica all’intera esperienza.
Menzione d’onore è per Michele Buonanno, che si conferma un
autore dalla scrittura pulita e ricca di atmosfera. La scrittura scorre fluida,
priva di refusi, con una tensione costante che non scade mai nell’enfasi
gratuita. I personaggi sono ben tratteggiati, credibili, dotati di ambiguità e
spessore.
L’unica, infinitesimale, pecca è l’inizio del libro game, che potrebbe
risultare leggermente spaesante: ci si trova subito immersi nell’azione,
circondati da nomi e volti che Stephan dovrebbe conoscere, ma che per noi sono
del tutto nuovi. È qui che interviene il Quaderno di Stephan, strumento
essenziale per orientarsi nei primi passaggi. Con illustrazioni evocative di
Fabio Porfidia e schede sintetiche dei personaggi, il quaderno svolge una
funzione fondamentale: offre ancoraggi visivi e narrativi che aiutano a entrare
in sintonia con la vicenda.
La Casa degli Automi non è un passatempo da affrontare “a
piccole dosi”. È un’esperienza totalizzante che richiede tempo, attenzione e
coinvolgimento. È perfetto per chi ama i gialli, per chi si entusiasma nel
ricostruire i dettagli più minuti, per chi ha sempre sognato di essere, almeno
per una volta nella vita, la signora Jessica Fletcher.
Al contempo, la semplicità del sistema lo rende accessibile anche a chi si
avvicina per la prima volta al mondo dei libri game investigativi. Non servono
tabelle, dadi o meccaniche complesse: basta una mente lucida, spirito deduttivo
e la voglia di scoprire la verità. Chi saprà concedere al libro la giusta
attenzione verrà ampiamente ricompensato con una trama solida, colpi di scena
ben congegnati e una soddisfazione rara nel genere. In questo è molto simile a
“49 Chiavi”, il libro game richiede attenzione e tempo, ma l’esperienza che ne
viene fuori è decisamente appagante
In definitiva, La Casa degli Automi è un libro game che
coinvolge il lettore a livello logico, costruisce un mistero coerente e
stimolante, e lo accompagna con una veste editoriale ricercata e funzionale.
Una volta finito il libro, si chiude con la stessa soddisfazione con cui si
chiude un grande romanzo giallo: non solo si capisce chi è stato, ma anche
perché (proprio come faceva la signora Fletcher). E, nel farlo, si comprende
anche qualcosa di più sul protagonista.
Per i complottisti, sappiate che una volta ottenute tutte le deduzioni, potete contattare Aristea per avere uno speciale dietro le quinte scritto dall'autore stesso in cui vengono svelati tutti i retroscena di questo thriller investigativo in formato libro gioco.
Avanti forza, gli ospiti alla villa già sono arrivati, aspettano solo voi per dipanare quanto è successo, solo voi potete aiutarli a capire “Chi è stato?”
PRO:
- Trama avvincente e ben costruita
- Esperienza immersiva e investigativa
- Semplicità delle meccaniche
- Tanti personaggi con cui avere a che fare, inizialmente crea un po' di confusione
- Rigiocabilità limitata
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