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CINEGATTO: THE LIFE OF CHUCK: POESIA D'AMORE ALL'UNIVERSO CHE SIAMO

 Al cinema The life of Chuck, con Tom Hiddleston.


Scheda Film



The Life of Chuck è la storia della vita di Charles Krantz, raccontata in tre atti che viaggiano al contrario, partendo dalla fine dell'universo e arrivando alla sua infanzia e ai ricordi più profondi. Il film esplora temi universali come la vita, la morte, la memoria e la bellezza del quotidiano, invitando a riflettere su ciò che conta davvero, attraverso un viaggio emotivo e poetico. Si tratta di un adattamento cinematografico del racconto omonimo di Stephen King, pubblicato nella raccolta del 2020 Se scorre il sangue. Tom Hiddleston interpreta il ruolo del protagonista, mentre nel film recitano anche Mark Hamill, Chiwetel Ejiofor, Karen Gillan e Jacob Tremblay. La regia è firmata da Mike Flanagan.

 

THE LIFE OF CHUCK: POESIA D'AMORE ALL'UNIVERSO CHE SIAMO

Una nuvola bianca e soffice sospesa in un cielo azzurro. Questa è l'immagine che The life  of Chuck evoca nella mia mente. E non perché sia presente una scena simile nel film, ma perché la leggerezza persistente in un film altrimenti pesantissimo è la chiave magica della storia diretta da Flanagan, interpretata magistralmente da tutto il cast e, soprattutto, scritta da un maestro non dell'horror ma della vita: Stephen King. 

Non riuscivo a capire di cosa parlasse questo titolo perché, non avendo letto Se scorre il sangue di King - in cui il racconto è contenuto insieme ad altre storie brevi - le sinossi qua e là su internet risultavano parecchio in contrasto con quella sensazione di leggerezza infusa già dalla locandina. E quella panchina alla Forrest Gump, quella scena di ballo alla La La Land buttata qua e là sui social... non tornava. Quella mia sensazione di "deve essere un film molto profondo" non era mai confermata da ciò che leggevo e vedevo, che risultava sempre troppo superficiale e con il tono moralista del "ti insegno come vivere". E infatti Chuck non vuole insegnare niente, né a cogliere l'attimo, né a godersi ogni momento. Non è quella lezione di vita su schermo che la rete cerca di far passare, è molto di più.

SE NON AVETE VISTO IL FILM NON PROSEGUITE CON LA LETTURA: SPOILER!!!!




Chuck è un personaggio positivo: affronta il lutto dei suoi genitori, dei suoi nonni, la visione del suo corpo morente nel futuro e la sua stessa malattia con positività. E questo suo grandissimo atteggiamento alla vita - chiave assoluta del film - ci viene spiegato meglio nel "dialogo" (più monologo) tra il nonno e Chuck quando il primo cerca di far capire al nipote l'importanza della matematica, dei numeri, così onesti e presenti in ogni cosa da garantirgli sempre verità, lavoro, conoscenza. Cerca con questo suo razionalissimo elogio alla matematica di assicurare al nipote una vita sicura, che viaggia sugli stessi binari della realtà, che - a suo parere - non è fatta di arte. Ma Chuck ama ballare, ama la musica, il ritmo. La danza è libertà, in diretta connessione con la parte più profonda di sé stesso e dei suoi ricordi. E, seppur il discorso del nonno ha funzionato a tal punto da convincere Chuck adulto a diventare un contabile, il vero Chuck sa benissimo la differenza tra il vivere secondo le regole matematiche - in cui tutto è facile, tutto è spiegato e quasi sempre prevedibile - e il vivere da "outsider", assecondando quella danza universale che è passione, parte del tutto, ma che non comanda l'universo. 

"Le stelle saranno anche matematica, ma sono sicuro che in questo momento stanno ballando".
Cito - più o meno a memoria - questa frase detta dal Chuck bambino dopo essersi lasciato andare al ballo più emozionante della sua vita (fino a quel momento), avvenuto in seguito al discorso sull'importanza di un lavoro sicuro. Sì, concorda sul fatto che tutto sia creato, mosso, distrutto secondo leggi razionali matematiche, ma no, non c'è solo questo. La vita stessa non potrebbe essere spiegata senza quel qualcosa in più, che va fuori dalla logica, quel soffio vitale che muove gli animi, gli esseri viventi, l'universo. Quella danza che eseguono i pianeti, le stelle, e anche un piccolo e minuscolo essere come Chuck, che in tutto questo enorme calderone sembra essere niente.

Questo soffio, collegato con i ricordi più profondi, si riaccende al ritmo di un beat che ricorda quella canzone alla radio, il mestolo sporco di sugo della nonna che dava il via alla coreografia. Il Chuck adulto lascia scorrere la musica dentro di sé, ogni insegnamento di sua nonna, ogni passo di danza fatto a scuola, ogni sorriso che solo questo tipo di libertà può dare. La musica ha la matematica dentro di sé, ma ha anche l'arte e la passione. Può evocare un ricordo, un'emozione, una persona, e lo fa in un modo astratto ma pesantemente tangibile. Questa è magia. King conosce bene l'importanza degli elementi magici nella letteratura, e anche in questo caso lo dimostra mettendo in scena, solo alla fine, la verità dietro la porta di quella soffitta tanto temuta dal nonno di Chuck. C'è la verità, che non ha niente a che fare con i numeri - a dimostrazione, ancora una volta, che la verità ha anche altre forme. C'è la visione di un futuro sicuro, della morte che non può essere fermata, solo accettata. Il nonno di Chuck vede la morte di sua moglie, poi la propria. E Chuck stesso, ancora ragazzino, vede il suo corpo malato, non così vecchio, eppure morente. Si riconosce da quella cicatrice sulla mano ma, ancora una volta, non permette alla consapevolezza di fermare la sua vita, bensì di continuare a vivere conoscendo il suo finale. 

Il film si apre con l'ultimo atto, quello in cui il cervello di Chuck, sempre più assorbito dal tumore,  ricorda le parti più importanti della sua vita, attraverso persone, frasi, fatti vissuti in questi 39 anni. Come spesso succede ai ricordi che hanno ormai parecchi anni, tutto si sovrappone: una frase detta dalla maestra diventa del professore, un vecchio amico del nonno è ora un passante con cui fare una chiacchierata. Il tutto in un contesto apocalittico di fine del mondo. Piano piano, l'universo si sta spegnendo, perché Chuck è il creatore di quell'universo. Ogni abitante di quel mondo è lì a vivere la sua fine, ha paura e non può che ripetere la frase di circostanza: "Che schifo". Perché sono impotenti di fronte alla fine. Così come siamo impotenti di fronte alla morte, e per questo le uniche frasi che vengono ripetute al funerale della nonna di Chuck sono le circostanziali: "Almeno non ha sofferto", "Era ancora giovane". Non abbiamo una soluzione, non abbiamo niente perché non siamo niente in confronto a questo enorme universo che fa il suo corso, a prescindere da noi. E il nostro cervello, che contiene la moltitudine citata a inizio film attraverso una lezione su Walt Whitman, è un universo pieno di persone, eventi, idee, emozioni, accadimenti successi durante la nostra intera esistenza. In questa rete infinita di connessioni, ciò che è contenuto dentro al nostro cervello è grande e complesso quanto l'universo stesso, ed è destinato anch'esso a spegnersi. 




Vogliamo trovare una morale al film? Una lezione? Penso sia in ciò che ho detto all'inizio: l'attitudine di Chuck. Il suo sapere non vincola la sua esistenza. Il capire come funziona il mondo non lo deprime, non lo schiaccia, ma lo guida verso la strada più sicura. La paura è reale, così come lo è la morte, ma in mezzo c'è un universo che va riempito attraverso la vita. E quindi partono le note, si sentono i beat e il rumore di quei passi di danza. La 24 ore rimane per terra, la folla si ferma dimenticando verso cosa stava affannosamente correndo. Si vive quel breve momento che ne racchiude in sé altri milioni, si dà il via a una rete di ricordi che verranno creati in futuro.

Quei "Grazie Chuck per questi meravigliosi 39 anni!" sparsi per la città su dei cartelloni pubblicitari, in radio e in tv, sono la conferma definitiva della consapevolezza di Chuck di aver fatto del suo meglio per godersi la propria esistenza senza essere condizionato da quella visione della soffitta, né dal suo passato pieno di eventi dolorosi, né da tutto ciò che non ci viene raccontato ma che di sicuro non è sempre stato rosa e fiori. E in una sorte di carrellata del best of della propria vita, Chuck esala l'ultimo respiro accanto alla sua famiglia, consapevole che ciò che c'è stato in mezzo tra la nascita e la morte è straordinario.
Siamo come la stella cometa su cui Chuck esprime il desiderio: fugaci ma straordinari. 



                                             

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