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IL TRONO DI PELLICOLE: L'ARTE DEL SAPERE FARE UNA SERIE TV: LA TERZA STAGIONE DI ONLY MURDERS IN THE BUILDING

 Standing ovation per la terza stagione appena conclusa di Only Murders in the Building.



L'ARTE DEL SAPERE FARE UNA SERIE TV: LA TERZA STAGIONE DI ONLY MURDERS IN THE BUILDING

Only Murders in the Building è stato rinnovato per una quarta stagione e non stiamo già nella pelle! Di seguito, qualche riflessione senza spoiler di questa terza stagione appena finita.



Sono tantissimi i prodotti televisivi che da qualche anno ci vengono proposti, e rarissimi quelli di qualità. Capita ogni tanto che tutto sia perfetto: il cast, la sceneggiatura, la scenografia, la musica, i costumi. Ma non si fanno mai abbastanza complimenti quando questo accade. OMITB, i suoi straordinari attori e tutte le persone che vi hanno preso parte, sono da lodare. Hanno creato un tv-show fuori dal comune, che non tratta i temi tanto di moda oggi, che non si preoccupa di cosa sia giusto dire, quando e perché; hanno mixato l'immixabile con un trio protagonista completamente sconnesso eppure assolutamente compatibile, con un crime che lascia ampio spazio alle risate. Hanno curato la recitazione, l'humor, lo spettacolo, in questa terza stagione più che mai con delle splendide canzoni, costruzioni narrative e visive che resteranno nella memoria ("The white room" su tutte). 




E come se non bastasse, oltre ai signor attori Martin Short e Steve Martin, oltre ai compositori di La La Land che ci hanno regalato "Look for the light" e "Which of the Pickwick Triplets did it?", hanno aggiunto Meryl Streep e Paul Rudd. La Streep, nonostante la sua immensa carriera, sorprende per la tenerezza, la goffaggine, la bravura e la timidezza del suo personaggio, ci culla sulle note della sua canzone, mostra nel suo sguardo tutto ciò che ha passato e che ci viene poi raccontato. Paul Rudd dimostra di essere un attore fino ad ora sottovalutato: è molto più di un Mike Hannigan e di uno Scott Lang. L'infinita tenerezza che ci fa provare per lui nei suoi momenti di debolezza, nelle prove di un copione in cui deve lasciarsi andare, nel suo sentirsi solo come una persona comune, nonostante sia una star del cinema; e, allo stesso tempo, il suo essere di troppe parole fuori posto, impertinente e pretenzioso, diva egoista e prepotente. 




E poi c'è di più. C'è il parlare del teatro, raccontare le piccole superstizioni, scaramanzie, competizioni, caratteri impossibili delle personalità dentro quei camerini, la fatica nell'arrivare ad ottenere un piccolo ruolo decente, gli anni di delusioni, di passione sprecata ma mai messa da parte per il palcoscenico, che richiama gli artisti come il canto delle sirene e si rende indispensabile una sua vicinanza, in un modo o in un altro. Così è per Oliver, il cui personaggio cambia drasticamente in questa stagione, diventa più maturo, si innamora, soffre, rischia. Quell'Oliver che È un regista nell'anima. Non è il suo lavoro, non è un modo di fare, la regia è Oliver; il teatro, la musica, l'eccesso di colori, di luci, di sentimenti sono Oliver Putnam. C'è Charles, che invece, al contrario di Oliver, ha avuto ben pochi sbagli nella sua carriera. È Charles Haden Savage, il cui nome è legato indissolubilmente a quello del detective Brazzoss. A lui si devono le migliori risate di questa stagione e, lasciatemelo dire, solo Steve Martin poteva farlo. Solo lui era in grado di riportare sul piccolo schermo la comicità del Saturday Night Live, la leggerezza di una battuta, l'espressività di un vero comico.




Infine Mabel, la nostra cara Selena Gomez. Decisamente la meno navigata dei tre nel campo della recitazione, ma il suo personaggio è la colla indispensabile. Senza di lei, non ci sarebbe Only Murders in the Building. Non ci sarebbe il podcast, non ci sarebbe un focus (Charles e Oliver si perderebbero in un bicchier d'acqua se lasciati da soli, distrattamente e sbadatamente dietro un semplice cambio di discorso). È la freschezza della serie, nonostante il suo personaggio sia di una trentenne molto anziana interiormente. E di contorno c'è anche Howard, un meraviglioso Michael Cyril Creighton, che col suo personaggio mostra la dolcezza dell'amore genuino per qualcosa che va in una direzione opposta con il suo essere (come lui stesso dice, la sua voce non era adatta al teatro), che si accontenta di starsene dietro le quinte pure di far parte del teatro. È un esempio bellissimo di amore, di educazione, di impegno e di tanta dolcezza. 




Only Murders in the Building è il primo prodotto veramente nuovo dopo tanti anni, che continua a crescere e migliorarsi. È la dimostrazione che nessuna figura è meno importante nella riuscita di una serie, che è tutto un grande calderone di creatività, professionalità e passione. E poi dimostra che certi pilastri del cinema/tv non passano mai di moda, non sono mai troppo vecchi, si sanno reinventare perché sono semplicemente veri artisti e professionisti.
E ora...




"Нuѕh, lіttlе оne let me sing уou to sleеp
Мoonlight hаs соme now drift off to a dream
Ѕail from the day tо the wonders аre waiting you out therе
In the deep
Off, little one ѕhе’s a wind in the waves
Аdventure іs calling sо go аnd be bravе
Вut if you get loѕt as you’re tоssed in the dark of the sea
Look for mе
І will wаit at the ѕhore for уou
I will weathery storms
Standing by ‘tіl safe yоu return from the night
My lovе is а lighthouѕe
So darling mу darling
Look for my light (Light)
Light (Light my light)



                                    

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