Buongiorno Gattolettori,
oggi 27 gennaio in tutto il mondo si celebra la giornata della memoria 
per commemorare le vittime dell'Olocausto. La data è stata scelta in 
occasione dell'anniversario della liberazione del campo di 
concentramento di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa.
È opportuno parlare di Shoah con i bambini? Da che età?
Quali sono gli strumenti più adatti per farlo?
Giornata della Memoria
di Eliana Albanese
GIORNATA  DELLA MEMORIA
 Parlare di Shoah ai bambini non solo è possibile ma è 
anche doveroso e necessario, soprattutto adesso che le testimonianze di 
coloro che hanno vissuto in prima persona questa tragedia iniziano a 
diventare meno tangibili e il ricordo rischia di sfocarsi.
Soprattutto adesso che l'antisemitismo torna ad affacciarsi prepotente non solo tra le frange estremiste.
Soprattutto
 adesso che, a causa della piaga dell'indifferenza, rischiamo di 
rimanere insensibili davanti alle nuove tragedie umanitarie che 
colpiscono i nostri tempi.
Le
 domande ricorrenti di chi si relaziona ai bambini sono quale sia l'età 
giusta per parlar loro di Shoah, come affrontare l'argomento, con quali 
strumenti.
Naturalmente i fattori da prendere in 
considerazione sono diversi: non solo l'età ma anche la sensibilità, il 
background, il vissuto.
Il filosofo dei bambini Giancarlo Chirico, nell'incontro rivolto ad insegnanti e genitori "Leggiamo la Shoah: gli albi illustrati e la memoria"
 parte da una considerazione: non bisogna cercare di dare risposte 
chiuse, preconfezionate, ma lasciare ampio spazio al dialogo, alle 
domande; mantenere aperto il confronto, sempre, per poter continuare ad 
interrogare ed interrogarsi su quello che è successo.
Il secondo spunto, che sembra ovvio ma non lo è, è che per parlare di Shoah ai bambini bisogna adottare il loro punto di vista, mettersi alla loro altezza, adottare la loro prospettiva.
 Per fare questo è importante scegliere in maniera accurata tanto la 
forma quanto il contenuto dei testi che andremo a proporre.
L'albo
 illustrato, per le sue caratteristiche intrinseche, è uno strumento che
 si presta molto bene allo scopo. Parlare per immagini, piuttosto che 
utilizzare parole che per i bambini potrebbero risultare semanticamente vuote
 (in quanto ancora non hanno alcuna esperienza a riguardo) può aiutare 
ad entrare in contatto con un argomento molto delicato come quello che 
ci prepariamo ad affrontare. 
Per
 un primo approccio al tema può essere importante raccontare storie che,
 lungi dall'essere edulcorate, possano lanciare messaggi positivi, 
ricordarci che anche nella tragedia ci può essere un barlume di 
speranza. È il caso degli albi che hanno come protagonisti i giusti tra le nazioni, uomini e donne non ebrei che si sono distinti per aver salvato anche un solo ebreo dal genocidio. 
Riuscitissimo
 in questo senso è l'esperimento di Lapis che, grazie a Luca Cognolato e
 Silvia del Francia e con l'aiuto dell'illustratore Fabio Sardo, ha 
trasformato in fiaba la storia di Giorgio Perlasca, l'eroe italiano che,
 fingendosi un console spagnolo, con espedienti burocratici ha salvato 
oltre 5000 ebrei ungheresi dalla follia nazista. "Il cavaliere delle stelle",
 sfruttando gli archetipi della fiaba, riesce a parlare a grandi e 
piccini con un linguaggio universale. Il dialogo tra testo e immagini 
non è mai didascalico ma, come accade negli albi di qualità, i due 
linguaggi viaggiano in parallelo arricchendosi reciprocamente. Il 
bambino che sogna di incontrare un cavaliere e lo diventa lui stesso, 
l'armatura e la spada di carta metafora dei salvacondotti usati per fare
 fuggire gli ebrei rendono questo albo davvero adatto a tutti, un albo 
che non ci si stancherebbe mai di leggere e rileggere.
Sempre
 pensando ai primi approcci, un altro messaggio di speranza (e 
dell'importanza della presa di coscienza) è quella di Francesco Tirelli,
 gelataio italiano emigrato in Ungheria che ha nascosto nella sua 
gelateria 15 ebrei per salvarli dai rastrellamenti. L'impresa di 
Francesco non sarà epica come quella di Giorgio ma sottolinea quanto, 
nel proprio piccolo, ognuno possa e debba fare la sua parte, senza 
aspettare che sia qualcun altro a prendere iniziativa. E questa 
necessità è resa evidente in  due passaggi, sia quando Francesco decide 
di prendere l'iniziativa per nascondere gli ebrei sia quando Peter, uno 
dei ragazzi rifugiati, si adopera per rendere la festa di Hannukka,
 festa della luce, luminosa nonostante il buio che li circonda. E sarà 
proprio Peter a farci conoscere questa storia grazie alle parole di sua 
nuora Tamar Meier, autrice di questo albo, Il gelataio Tirelli, illustrato da Yael Albert per Gallucci.
Le
 proposte di lettura offerte dalla biblioteca Marconi, luogo in cui si è
 svolto l'incontro, sono molto varie e si differenziano per prospettive,
 ambientazioni, protagonisti e punti di vista.
Anche
 le fasce d'età sono molto variabili e, prima di prendere in 
considerazione un albo, è bene leggerlo attentamente e verificare se il 
contenuto e la forma sono idonei per il pubblico a cui vogliamo 
sottoporli. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






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