Eccomi nuovamente qui readers,
è arrivato il momento della Rubrica di Pagina 69. Oggi sul Blog troverete Federico Fobia e il suo romanzo, Il Merlo e il Corvo: I racconti di Foce di Quinsia
è arrivato il momento della Rubrica di Pagina 69. Oggi sul Blog troverete Federico Fobia e il suo romanzo, Il Merlo e il Corvo: I racconti di Foce di Quinsia
Pagina 69
Autore Emergente se ti sei appena sintonizzato sul mio
blog, il giovedì è dedicato a te quindi scegli come vuoi avere un po' di
visibilità (segnalazione o pagina 69) e invia un email a gattolibraio@libero.it con il libro
Sia per la pagina 69 che per la segnalazione dovrai inviarmi il seguente materiale:
- Libro da segnalare
- Piccolo estratto a piacere del libro
- Biografia
- Foto autore/autrice o qualcosa che vi rappresenti
Avviso: Tutte le email sprovviste di questo materiale non saranno neanche prese in considerazione
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Ricordo che la rubrica è stata ideata da Ornella di Peccati di Penna.
IL MERLO E IL CORVO - FEDERICO FORIA
Editore: Elison Publishing
Alfredo Panico, 23 anni, lavora part-time nell’agenzia investigativa di famiglia: la No Panic. Il ragazzo e il padre Giancarlo sono chiamati da un misterioso cliente a ritrovare la sua vecchia amante, Matilde, e la figlia, Magda. Il viaggio li porta in un paesino all’interno di una vallata dell’Italia nord occidentale, Foce di Quinsia.
A Quinsia vivono due specie di uccelli uniche. Si narra di una entità dominata dall’odio e dal rimorso, il Corvo Funereo, e di una entità dominata dal senso di giustizia e verità, il Merlo Sognatore, che accoglie Alfredo al suo arrivo.
Alfredo comincia a scoprire le terribili verità che si celano dietro la Valle di Quinsia e conosce una vecchia signora che gli offre l’immortalità in cambio della morte dei parassiti che infestano il suo territorio.
Alfredo conosce Magda, ragazza timida, ma piena di carattere e forza interiore. Comincia l’avventura e la lotta per la sopravvivenza dei due ragazzi contro la follia umana e la forza sovrannaturale della vecchia. Tranelli, misteri e sacrifici si susseguono fino allo scontro finale tra Alfredo e la vecchia, pronto a tutto per ricongiungersi con la ragazza e a salvare la vallata di Quinsia.
ESTRATTO
Mi sembra di intravedere qualcuno all'interno. Poggio la mano sulla grossa porta per fare meglio capolino da una delle fessure. Appena il palmo entra in contatto con il portone, sento un altro suono metallico. Questa volta, così stridulo da farmi chiudere gli occhi mentre cerco di portare le mani alle orecchie. Si interrompe solo dopo alcuni secondi, poi silenzio.
Lentamente sale il brusio di diverse persone che parlano e il rumore di macchinari in funzione. Apro gli occhi non appena sento una mano sulla spalla sinistra che mi scuote. La sua voce si fa sempre più nitida, man mano che il fischio nelle orecchie si attenua.
“Hai capito, Alfredo? Cerca di darti una mossa, non abbiamo tutto il giorno” – un uomo fa in tempo a finire l’ultima frase e scappa via indaffaratissimo.
Nonostante un forte giramento di testa e tanta confusione, basta un giro della testa a trecentosessanta gradi per capire che mi trovo all'interno della fabbrica. Avevo visto alcune foto nei fascicoli di papà e appare identica. C’è solo un dettaglio, le foto mostravano lo stabilimento come era negli anni ’80.
L’edificio alterna sulle pareti un sistema di grosse vetrate e pannelli di acciaio. I finestroni sono molto in alto, irraggiungibili per entrambi i piani della struttura. La luce proveniente dall'esterno mi abbaglia per un istante. È quasi il tramonto. Si comincia a sentire anche un certo calore e un odore fortissimo di carbone, legno e grasso.
Cerco di sbottonarmi la camicia e noto che indosso panni diversi da quelli che avevo fino a qualche attimo fa. Ho un foulard annodato al collo che sciolgo immediatamente per asciugarmi il sudore. Il resto è una camicia a quadri, un pantalone piuttosto largo e pesanti scarpe rinforzate. Se è un sogno, è fin troppo realistico.
Ci sono tante persone che lavorano senza sosta e molti che corrono avanti e indietro. Chi mi passa a fianco mi guarda stranito, come se si domandasse perché sono lì impalato invece di lavorare.
La realtà è che non capisco cosa stia succedendo. Per di più non riesco ad orientarmi tra i diversi macchinari, a più livelli, che occupano lo spazio attorno a me. I miei colleghi di università avevano ragione a dire che sarebbe stato meglio studiare ingegneria meccanica piuttosto che ingegneria civile.
“Alfredo, sei ancora qui?” – lo stesso uomo di prima si avvicina di corsa verso di me. “Devi finire subito la qualità del blocco tre.”
“Blocco tre?”
“Abbiamo appena iniziato con la verniciatura del blocco due. Se non ti dai una mossa è un bel problema.”
L’uomo comincia ad irritarsi mentre indica un punto preciso, dove una grossa macchina sputa matite in ceste di acciaio. Con una mano mi spinge la schiena verso la direzione indicata e io mi incammino, non ancora cosciente di cosa stia succedendo.
Passo di fianco a diverse apparecchiature. Da un’altra ala della fabbrica, probabilmente la falegnameria, arrivano piastre di legno impilate. Un ronzio molto fastidioso, poco più avanti, intaglia i blocchi che si alternano in un valzer di nastri trasportatori per essere levigati e incollati prima di accogliere le mine. Un grosso rotore alloggia il materiale scrivente nei cannelli di legno.
Le mine arrivano su un nastro da un’altra ala dell’impianto, il forno. Una mistura di grafite e argilla viene impastata per circa mille ore, trafilata, tagliata, essiccata a centosettantacinque gradi e cotta a ottocento gradi in casse ricoperte di carbone, che aiuta a far acquisire durezza alla mina. Queste arrivano all'impianto attraverso diversi canali a seconda delle caratteristiche del prodotto, cioè del rapporto grafite-argilla. Più grafite, più durezza, più scuro. Più argilla, più morbidezza, più chiaro.
Come faccio a sapere tutte queste cose? Mentre cammino verso il punto indicatomi dall'uomo, mi rendo conto di riconoscere una certa familiarità nell'ambiente circostante. I pensieri e i muscoli si muovono da soli, sotto il controllo di qualcosa di più grande. [...]
[...] Mi fermo sull'uscio quando qualcosa coglie la mia attenzione. Al misto di odori della fabbrica, si frappone qualcosa di insolito.
È puzza di bruciato. Passano solo pochi secondi prima che le emanazioni diventino fortissime. Improvvisamente suona la sirena di sicurezza. Luigi è il primo ad affacciarsi dalle scale di acciaio che portano al piano di sopra. Accende un megafono e scandisce con calma.
“È scoppiato un incendio in falegnameria. Aprite il portone principale ed usciamo in gruppi. Signori, rispettate il protocollo.”
I macchinari vengono spenti e la gente si raduna ordinatamente. Tutto sembra sotto controllo, mentre io mi stavo già impanicando.
“La porta è bloccata!” – urlano dall'altra parte della fabbrica, vicino l’ingresso principale – “Non riusciamo ad aprirla!”
Lentamente sale il brusio di diverse persone che parlano e il rumore di macchinari in funzione. Apro gli occhi non appena sento una mano sulla spalla sinistra che mi scuote. La sua voce si fa sempre più nitida, man mano che il fischio nelle orecchie si attenua.
“Hai capito, Alfredo? Cerca di darti una mossa, non abbiamo tutto il giorno” – un uomo fa in tempo a finire l’ultima frase e scappa via indaffaratissimo.
Nonostante un forte giramento di testa e tanta confusione, basta un giro della testa a trecentosessanta gradi per capire che mi trovo all'interno della fabbrica. Avevo visto alcune foto nei fascicoli di papà e appare identica. C’è solo un dettaglio, le foto mostravano lo stabilimento come era negli anni ’80.
L’edificio alterna sulle pareti un sistema di grosse vetrate e pannelli di acciaio. I finestroni sono molto in alto, irraggiungibili per entrambi i piani della struttura. La luce proveniente dall'esterno mi abbaglia per un istante. È quasi il tramonto. Si comincia a sentire anche un certo calore e un odore fortissimo di carbone, legno e grasso.
Cerco di sbottonarmi la camicia e noto che indosso panni diversi da quelli che avevo fino a qualche attimo fa. Ho un foulard annodato al collo che sciolgo immediatamente per asciugarmi il sudore. Il resto è una camicia a quadri, un pantalone piuttosto largo e pesanti scarpe rinforzate. Se è un sogno, è fin troppo realistico.
Ci sono tante persone che lavorano senza sosta e molti che corrono avanti e indietro. Chi mi passa a fianco mi guarda stranito, come se si domandasse perché sono lì impalato invece di lavorare.
La realtà è che non capisco cosa stia succedendo. Per di più non riesco ad orientarmi tra i diversi macchinari, a più livelli, che occupano lo spazio attorno a me. I miei colleghi di università avevano ragione a dire che sarebbe stato meglio studiare ingegneria meccanica piuttosto che ingegneria civile.
“Alfredo, sei ancora qui?” – lo stesso uomo di prima si avvicina di corsa verso di me. “Devi finire subito la qualità del blocco tre.”
“Blocco tre?”
“Abbiamo appena iniziato con la verniciatura del blocco due. Se non ti dai una mossa è un bel problema.”
L’uomo comincia ad irritarsi mentre indica un punto preciso, dove una grossa macchina sputa matite in ceste di acciaio. Con una mano mi spinge la schiena verso la direzione indicata e io mi incammino, non ancora cosciente di cosa stia succedendo.
Passo di fianco a diverse apparecchiature. Da un’altra ala della fabbrica, probabilmente la falegnameria, arrivano piastre di legno impilate. Un ronzio molto fastidioso, poco più avanti, intaglia i blocchi che si alternano in un valzer di nastri trasportatori per essere levigati e incollati prima di accogliere le mine. Un grosso rotore alloggia il materiale scrivente nei cannelli di legno.
Le mine arrivano su un nastro da un’altra ala dell’impianto, il forno. Una mistura di grafite e argilla viene impastata per circa mille ore, trafilata, tagliata, essiccata a centosettantacinque gradi e cotta a ottocento gradi in casse ricoperte di carbone, che aiuta a far acquisire durezza alla mina. Queste arrivano all'impianto attraverso diversi canali a seconda delle caratteristiche del prodotto, cioè del rapporto grafite-argilla. Più grafite, più durezza, più scuro. Più argilla, più morbidezza, più chiaro.
Come faccio a sapere tutte queste cose? Mentre cammino verso il punto indicatomi dall'uomo, mi rendo conto di riconoscere una certa familiarità nell'ambiente circostante. I pensieri e i muscoli si muovono da soli, sotto il controllo di qualcosa di più grande. [...]
[...] Mi fermo sull'uscio quando qualcosa coglie la mia attenzione. Al misto di odori della fabbrica, si frappone qualcosa di insolito.
È puzza di bruciato. Passano solo pochi secondi prima che le emanazioni diventino fortissime. Improvvisamente suona la sirena di sicurezza. Luigi è il primo ad affacciarsi dalle scale di acciaio che portano al piano di sopra. Accende un megafono e scandisce con calma.
“È scoppiato un incendio in falegnameria. Aprite il portone principale ed usciamo in gruppi. Signori, rispettate il protocollo.”
I macchinari vengono spenti e la gente si raduna ordinatamente. Tutto sembra sotto controllo, mentre io mi stavo già impanicando.
“La porta è bloccata!” – urlano dall'altra parte della fabbrica, vicino l’ingresso principale – “Non riusciamo ad aprirla!”
FEDERICO FORIA
Federico Foria nasce a Pomigliano d’Arco il 29 Settembre del 1989. Ingegnere civile che gira il mondo con il lavoro e con la passione per la musica, la lettura e la scrittura.
Parte attiva del movimento culturale della città natale, che lo ha portato a vincere il Premio alla Carriera per l’Arte e per la Scienza, conferito dalla poetessa Tina Piccolo. Porta avanti il progetto di musica elettronica An Electronic Hero con cui ha pubblicato 2 EP e partecipato a manifestazioni nazionali e internazionali.
Il Merlo e il Corvo - I racconti di Foce di Quinsia è il suo romanzo di debutto che coniuga la passione per il thriller e per il fantasy a sfumature horror.
Parte attiva del movimento culturale della città natale, che lo ha portato a vincere il Premio alla Carriera per l’Arte e per la Scienza, conferito dalla poetessa Tina Piccolo. Porta avanti il progetto di musica elettronica An Electronic Hero con cui ha pubblicato 2 EP e partecipato a manifestazioni nazionali e internazionali.
Il Merlo e il Corvo - I racconti di Foce di Quinsia è il suo romanzo di debutto che coniuga la passione per il thriller e per il fantasy a sfumature horror.
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