. IL TRONO DI PELLICOLE: SEX EDUCATION SI CHIUDE CON UN MINESTRONE DI TEMATICHE INCLUSIVE - Il Salotto del Gatto Libraio IL TRONO DI PELLICOLE: SEX EDUCATION SI CHIUDE CON UN MINESTRONE DI TEMATICHE INCLUSIVE - Il Salotto del Gatto Libraio

Fumettilandia

Cinegatto

LeacchiappaVip

IL TRONO DI PELLICOLE: SEX EDUCATION SI CHIUDE CON UN MINESTRONE DI TEMATICHE INCLUSIVE

 Dal 21 settembre è disponibile su Netflix l'ultima stagione di Sex Education, creata da Laurie Nunn.



SEX EDUCATION SI CHIUDE CON UN MINESTRONE DI TEMATICHE INCLUSIVE

Ci siamo appassionati alle storie dei liceali di Moordale che dal 2019 ci hanno portato nella mente e nei cuori di ragazzi diversissimi tra loro. Li abbiamo visti crescere (letteralmente) e cimentarsi spesso con problematiche più grandi di loro. Ma la serie ha avuto il finale che merita? 
Se non avete concluso la quarta stagione di Sex Education, non leggete!!



SPOILER!!!!


Otis, Maeve, Eric, Ruby, Aimee, Adam, Jackson, Viv e Cal sono i sopravvissuti al cambio di liceo avvenuto tra la terza e la quarta stagione. Sono gli unici la cui storia è potuta proseguire al Cavendish College (tranne che per Maeve, alle prese con una borsa di studio in America). Sono stati introdotti nuovi personaggi e con loro nuove tematiche che spaziano dalla sessualità alla disabilità alla depressione. 




La premessa del telefilm, fin dalla prima stagione, è stata quella di parlare di sesso agli adolescenti che stanno vivendo i loro anni di massima confusione e di tempeste ormonali. Ma la premessa coinvolgeva anche un ragazzo timido e per niente popolare di nome Otis che, pur di stare vicino alla ragazza che gli interessa, accetta di gestire una clinica del sesso in cui dare consigli ai suoi compagni in cambio di soldi - che a lui non servono, ma a Maeve sì. In questo mix di sesso, amore, prime cotte e affari, Sex Education ha affrontato svariati temi risultando non solo inclusivo e attualissimo, ma anche efficace. Ma è riuscito a mantenere le stesse aspettative fino alla quarta stagione?




La seconda e soprattutto la terza stagione hanno toccato ancora più tematiche con l'introduzione dei personaggi di Cal e Layla e con la nuova preside che cerca di togliere l'identità dei suoi studenti mentre combatte con problemi di fertilità. Ma come succede praticamente a tutte le serie Netflix, la premessa iniziale si perde e il telefilm viene lasciato in balia del politically correct del momento, diminuendo i tempi di narrazione e triplicando i concetti da esporre. Questa confusione della quarta stagione è il motivo per cui sembra di guardare un telefilm diverso. In appena otto episodi ci siamo trovati davanti a battaglie che richiederebbero stagioni intere per essere affrontate, abbiamo visto alcuni personaggi collassare solo perché non c'era il tempo di spiegare. Alcuni esempi su tutti: Maeve è da sempre la ragazza dark e super smart, che deve combattere per emergere, che sta bene da sola ma che aiuta tutti, che si innalza sopra gli altri grazie al suo cervello nonostante parta da molto più in basso di loro, da una situazione di svantaggio familiare. In questa stagione tutto questo si perde, troviamo una ragazzina che non sa usare la testa, che agisce senza senso, che si chiude dentro un carro funebre per nascondersi (è troppo perfino per lei, forse Mercoledì lo avrebbe fatto...), che cambia idea e umore ogni secondo. Perde la madre, ha una reazione più o meno giusta, ritrova la motivazione nella madre di un altro, si rimette sulla retta via tornando ad essere Maeve solo nell'ultimissima puntata; Jackson, un tempo promessa del nuoto, super famoso a scuola, playboy, intrappolato dalle soffocantissime mamme che vogliono il meglio per lui (in particolare una delle due). Lo ritroviamo diverso, quasi inutile, con la fissazione di avere una malattia al testicolo a tal punto da non poter aspettare l'esito degli esami e così preso dalla cosa da lasciar quasi cadere la bara della madre di Maeve. Poi scopre di non avere nulla e niente, tutt'ok! Anzi no, deve sapere chi è suo padre. Nuova fissazione che si scioglie in una porta in faccia e poche battute con le madri; abbiamo Eric, al massimo del suo egoismo - che è stato un crescendo in tutte le stagioni - che poi, tramite orribili visioni in una CGI mostruosa, si converte a una vita da pastore in cui può fare il bene per gli altri senza dimenticare chi è davvero (quanto durerà?).




Qualcuno si salva da tutto questo? Sì. In primis Otis, che è rimasto fondamentalmente il bravo ragazzo di sempre, innamorato di Maeve, sbloccato dai suoi traumi infantili, lasciatosi andare in un atto d'amore e non di sesso. Otis che è sempre il bravo figlio, il bravo amico, il bravo terapeuta, il personaggio leale che non sa far del male. Ma è anche un adolescente, e proprio per questo è giusto che il suo percorso, al momento, rimanga sospeso nell'indecisione del futuro. Si salvano anche Aimee e Adam, entrambi liberati da pesantissimi traumi passati, intelligenti a tal punto da capire che non esiste solo il sesso o l'amore, ma che ci si può salvare anche in altri modi, trovando sé stessi e autorealizzandosi con le proprie passioni. Salvato in corner anche il padre di Adam che, alla fine, ha capito che l'unico modo per lasciarsi andare è proprio attraverso l'amore per suo figlio. 




E gli altri? Jane fa tenerezza. Il personaggio più forte della prima stagione smontato pezzo dopo pezzo da uomini, decisioni, vita. La troviamo sola, con una bambina che gestisce con difficoltà, circondata da teenager che inizia a non capire, stanca, stressata e depressa. Resta un briciolo di forza tuttavia, quel grammo che le permette di rimettersi in discussione, iniziare un nuovo lavoro facendo ciò che le riesce meglio: dare consigli. Poi abbiamo Viv, la cui storia si è concentrata esclusivamente su un ragazzo con seri problemi di rabbia e gelosia che, fortunatamente, è stato allontanato in tempo. C'è Cal e il suo dolore che porta quasi al suicidio; Ruby che trova il suo posto nella nuova scuola; Isaac che si riscatta dal suo passato viscido e bugiardo (ricordiamo quando ha cancellato il messaggio di Otis dal cellulare di Maeve), guadagnando tantissimi punti nel rapporto con Aimee che lo rende il personaggio forse più interessante di quest'ultima stagione. I nuovi personaggi e gli aggiustamenti dei vecchi, infine, portano in scena nuove - troppe - tematiche: la difficoltà della disabilità in una società che non se ne cura, il vivere in un corpo che non si sente proprio e decidere di cambiarlo - per chi può; per chi non può è ancora più una sofferenza -, le possibili malattie, il testosterone, l'assesualità, i queer, i transgender, i paraplegici, gli omosessuali, il rapporto con Dio, gli abusi e i relativi traumi dell'infanzia, la depressione post-partum, il suicidio, la morte per overdose. Si tratta di otto episodi, e sono decisamente troppo pochi per parlare bene di tutto questo. Il risultato è un brodo di questioni mal affrontate, discorsoni che dal nulla vengono pronunciati, idee appena accennate per mancanza di tempo e il tentativo di cambiare le cose (ad esempio con la questione di Eric e il battesimo, la sua decisione, il pastore che balla alla fine...). Apprezzabile il messaggio di inclusività, di far capire che tutto dipende da noi, che dobbiamo essere uniti anche nelle battaglie che non ci riguardano perché fanno star male qualcun altro. Giustissimo cercare di cambiare le ingiustizie, parlare apertamente di un malessere, chiedere aiuto. Restando sul discorso televisivo, però, la quarta stagione di Sex Education ha rincorso troppe cose, tutte insieme e tutte in fretta, tralasciando la verità dei suoi protagonisti, intrappolati a essere esempi di tematiche che si volevano affrontare, discostandosi spesso da ciò che era stato fatto all'inizio, creando confusione per caratteristiche non più ritrovate in molti di loro. Forse bastava fare un po' meno, scegliere cosa e come dirlo, in favore della degna conclusione per ognuno di loro. 




In conclusione, Sex Education è una serie innovativa, che ha parlato a ragazzi e adulti in modo diretto, che ha puntato molto sul non tralasciare nessuno e che per questo ha fatto qualche buco qua e là. Bastava più tempo e un trattamento migliore della sceneggiatura, ma i problemi delle serie Netflix sono e restano sempre due: la velocità con cui vengono messi a disposizione gli episodi (che vengono visti in pochi giorni, rendendo i tempi di attesa tra una stagione e l'altra lunghissimi e i tempi di produzione insostenibili diversamente, il che porta a una crescita drastica degli attori, sia fisica sia spesso lavorativa) e la perdita del focus principale, della premessa con cui si costruisce la prima stagione. Si spera, semplicemente, che queste piccolezze possano essere sistemate a vantaggio di telefilm futuri. 
Intanto, ciao ragazzi di Moordale.



                                    


Nessun commento

Powered by Blogger.