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IL TRONO DI PELLICOLE: MASSIMO TROISI

Hola readers,
Creare qualcosa di eterno non è da tutti, nel cinema come nella poesia. E lui non solo ci è riuscito, ma ha unito immagini e versi aggiungendo a volte una risata, altre volte tanta tenerezza. È Massimo Troisi, che ci ha regalato titoli che mai dimenticheremo, che ci ha fatto ridere e piangere. E oggi vogliamo celebrarlo con uno dei suoi tanti capolavori: Il Postino.

MASSIMO TROISI

"Massimo aveva l'anima sul volto". Così lo descrive Philippe Noiret, il Pablo Neruda del film di Michael Radford. E ci sarebbero tanti modi per descrivere Massimo Troisi, tutti preceduti da grande: un grande uomo, un grande poeta, un grande attore, un grande artista. 
Non ha mai lasciato troppo spazio tra il suo modo di essere e la sua arte, ogni suo film racconta una parte di lui. Non aveva bisogno di nascondersi, la sua timidezza, il suo modo di parlare, la sua bontà, la sua ingenuità erano forma di un uomo e artista straordinario. 

Ci scherzava anche sopra sul suo carattere dicendo: “da ragazzo i miei continui e disinteressati slanci di altruismo mi diedero la fama di buono. Da grande quella di fesso”. In una parola, Massimo era puro, e sapeva portare questi suoi punti di forza nelle sue opere, renderle alla portata di tutti. 


Fa sempre bene rivedere i suoi film, che sia per ridere, per riflettere, per commuoversi, per ritrovare quel senso di familiarità che solo lui sapeva creare. Aveva un modo tutto suo di centrare il bersaglio, con intelligenza e sagacia riusciva a parlare anche del più delicato dei problemi, sbrogliando una matassa con le sue battute pungenti e intelligenti. "Io non lo capisco come funzionano queste aziende, ma non sono scemo", dice ne Il Postino, riferito alle false promesse dei politici e ai sistemi di governo e delle imprese – volutamente poco chiare. Il suo personaggio Mario Ruoppolo era il ritratto dell’ingenuità, ma anche della furbizia. Delicato, onesto, per bene, sensibile, con il desiderio di essere ancora di più. È solo un grande onore per questo personaggio il fatto che cerchi di superare i propri limiti, in particolare dopo la conoscenza del poeta Pablo Neruda.   

In un'isola abitata da persone che non pensano né tantomeno agiscono come comunità, non guardano al futuro, non sentono la necessità di fare di più delle loro vite, Mario è un’anima fuori dal coro, sprecata per quella realtà che uccide la poesia, il bello, che calpesta le idee “pericolose” per un sistema corrotto che va avanti. La paura del cambiamento è prevalente e il suo costo è di non liberarsi mai della gabbia in cui gli abitanti sono rinchiusi. Il male più grande, ci suggerisce Troisi, non è in chi non sa scrivere, non sa esprimersi, in chi non ha abbastanza cultura; il male più grande è in chi resta indifferente, in chi accetta le ingiustizie e limitazioni alla libertà, come se fosse giusto. Il Postino è un capolavoro, film amato e voluto da Troisi che, nonostante i suoi problemi di cuore aggravatisi proprio nelle settimane precedenti al set, non ha mai voluto considerare l'idea di posticipare le riprese. 

Il 3 giugno 1994 segna la data dell'ultimo ciak, e poche ore più tardi, il 4 giugno, Massimo ci lascia. Strano destino il suo che, come il suo protagonista, non ha potuto vedere il successo scaturito dalla sua fatica. Ma l'intento di lasciare qualcosa di grande e importante era chiaro. Storia, parole, musica, immagini: solo la loro unione può dare emozioni intramontabili, e lui sapeva bene come fare. Non solo poesia, non solo tanta tenerezza, voglia di riscatto e una lotta all’indifferenza, ma anche l’amore, impossibile da dimenticare nei film di Troisi. L’amore di Mario per la sua bella Beatrice Russo (Maria Grazia Cucinotta), quel tipo di sentimento che nasce al primo sguardo e non va più via, che costringe a migliorarsi e a sfidare difficoltà e opinioni. 
E poi da ricordare Giorgio Serafini (Renato Scarpa), amico e datore di lavoro di Mario, è colui che innesca tutta la storia; Philippe Noiret, un immenso Pablo Neruda che ha dato brillantemente vita al personaggio.  E poi anche lei, il simbolo del film: la bicicletta. Semplice, essenziale, porta lo spettatore attraverso la storia di Mario, i paesaggi dell’isola e lo sviluppo della storia, sotto la dolce colonna sonora di Luis Bacalov premiata con l’Oscar

Ogni cosa è importante in questo film, ogni onda del mare, ogni rumore, ogni luce e parola. Se deciderete di rivederlo, lasciatevi trasportare da questa poesia, completamente. Perché è stata fatta per noi, e infatti … "la poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve!".





2 commenti

  1. Sai che questo film non l'ho mai visto? Sempre sentito parlare tanto bene, ma non m iha mai ispirata, vediamo se stavolta è quella buona!

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